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La questionne del FILIOQUE sotto une nuova prospettiva teologica

Chiesa, Comunione e Mondo

La questionne del FILIOQUE sotto une nuova prospettiva teologica*

Agatangelo, Metropolita di Fanarion,
Direttore Generale della Diakonia Apostolica
della Chiesa di Grecia

 

Il testo della «Chiarificazione» teologica intorno al dibattito sul Filioque è stato redatto dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, in seguito all'espressione del particolare desiderio di Sua Santità, il Papa Giovanni Paolo II, durante l'omelia pronunciata nella basilica di San Pietro, davanti al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I (29 Giugno 1995), al fine di mettere in luce la piena armonia della tradizione latina con il simbolo niceno-costantinopolitano (381), ossia «il Padre quale fonte della Santa Trinità, sola origine del Figlio e dello Spirito Santo».

Il testo della «Chiarificazione» è stato pubblicato sotto il titolo «Le tradizioni greche e latine riguardo la processione dello Spirito Santo» ( Documentation catholique , n. 2125, 5 Nov. 1995, p. 941- 945) e ha inaugurato una prospettiva per una nuova convergenza intorno a questo serio dibattito teologico in vista della relazione tra le due Chiese.

•  Il dibattito sull'aggiunta del Filioque al simbolo niceno-costantinopolitano (381 d.C.) si è sempre configurato quale serio problema teologico, non solo nelle tradizioni delle Chiese di Oriente e di Occidente, ma anche al di fuori della dialettica teologica d'occidente, ancor prima del tragico scisma del 1054, com' è possibile dedurre da tutta l'evoluzione storica del dibattito fino al famoso confronto, a livello ecclesiale, da parte del Papa Leone III agli inizi del IX sec. (831 d.C.) e da parte del Patriarca di Costantinopoli Fozio nel documento “ Epistola Sinodale”, rivolta ai Patriarchi d'Oriente (867 d.C.). Si presentava quale serio dibattito teologico, non solo in quanto introduceva una diversa terminologia nelle relazioni ipostatiche della Tre Persone della Santissima Trinità che conduceva contemporaneamente a un differente approccio o a una diversa interpretazione di quanto stabilito nella comune coscienza della Chiesa a proposito della dottrina sulla Santa Trinità, ma soprattutto perché tale approccio fu adottato unilateralmente, senza una previa valutazione a livello sinodale e finì con l'esser aggiunto al comune simbolo niceno-costantinopolitano che era già stato riconosciuto come unica e autentica formulazione teologica della fede della Chiesa in merito alla Santa Trinità.

In tal senso l'interpretazione teologica della fede della Chiesa, tanto a riguardo della distinzione delle Persone , quanto a riguardo delle relazioni ipostatiche tra le Tre Persone della Santa Trinità, fu sviluppata dai santi Padri della Chiesa orientale (S. Atanasio, S. Basilio, S. Gregorio di Nazianzo, S. Gregorio di Nissa, S. Cirillo di Alessandria), da un lato per la definizione dell'unità della comune essenza e della natura divina, dall'altro per la distinzione delle Ipostasi insieme alle loro proprietà. Risultano tuttavia comprensibili e sono poste in evidenza dalla ricerca patristica le difficoltà esistenti e insormontabili, in vista di una interpretazione teologica della vita intratrinitaria, al di là delle verità rivelate in tutto il mistero della divina economia in Cristo per la salvezza del genere umano. Infatti lo sviluppo del discorso teologico presenta non solo un'evoluzione esterna, ma anche un'importante varietà nelle cosiddette definizioni, prima dell'accettazione del simbolo niceno-costantinopolitano, specialmente per quanto riguarda la proprietà dell'Ipostasi dello Spirito Santo. Così, mentre S. Basilio poneva l'accento sulla santificazione quale peculiare proprietà dello Spirito Santo, S. Gregorio Nazianzeno da un lato collegava le proprietà ipostatiche al principio senza principio dell'eterna modalità di esistenza delle Tre Persone della Santa Trinità, dall'altro definiva la processione quale proprietà ipostatica dello Spirito Santo, sulla base delle parole di Gesù Cristo riguardo al medesimo Spirito, «colui che procede dal Padre» (Gv 15, 26).

In tutto ciò, la separazione della semplice teologia ad intra, vale a dire della vita interna delle Persone della Trinità rispetto alla teologia economica ad extra del mistero della divina economia per la salvezza del genere umano, non era sempre possibile, in primo luogo perché con il mistero del Figlio e Verbo di Dio divenuto uomo in Cristo sono state rivelate al mondo le Tre Persone della Trinità, in secondo luogo perché S. Gregorio Nazianzeno trasferiva la terminologia teologica del dogma trinitario anche alla cristologia.

In tal senso è stata sottolineata con particolare enfasi non solo la sinergia tra il Figlio e lo Spirito Santo nel mistero della divina economia, ma anche la particolare relazione delle Ipostasi nella vita intratrinitaria, motivo per cui anche S. Ireneo di Lione utilizza l'espressione «le due mani di Dio Padre» a proposito della storia della salvezza.

Infatti, mentre all'interno del mistero economico lo Spirito Santo rende possibile l'incarnazione del Figlio e Verbo di Dio «per opera dello Spirito Santo e dalla Vergine Maria», il Figlio, attraverso il suo divenire uomo e la Sua opera salvifica, rende possibile la discesa dello Spirito Santo sul genere umano durante la Pentecoste, sempre in accordo con l'eterna volontà di Dio. La mutua pericoresi dei distinti ruoli di ciascuna delle Persone nella loro comune e medesima missione non è completamente indipendente rispetto alle loro relazioni intratrinitarie, quantunque non ammetta confusione tra le particolari proprietà personali o ipostatiche delle Tre persone (paternità, figliolanza, processione).

Quindi, come lo Spirito Santo dona il Figlio di Dio al mondo attraverso il suo divenire uomo, in accordo con l'eterno volere di Dio Padre, così anche il Figlio di Dio manda lo Spirito Santo a Pentecoste perché, secondo quanto afferma S. Atanasio, «per questo Cristo si è fatto uomo, affinché giungesse a noi lo Spirito» ( Contro gli Ariani , III, 8).

La prospettiva soteriologica della teologia dei Padri, quindi, in modo chiaro, legava le relazioni intratrinitarie delle Tre Persone ai distinti ruoli e missioni di ciascuna di esse all'interno dell'intero mistero della divina economia in Cristo. Così lo Spirito Santo è definito in modo caratteristico nella Sacra Scrittura come «Spirito del Figlio», «riposa nel Figlio», manifesta la divinità di Cristo, coopera all'intera opera redentrice terrena (battesimo, trasfigurazione, risurrezione, miracoli ecc…), è inviato dal Figlio a Pentecoste per il compimento della Sua opera di redenzione e attesta la costante presenza di Cristo nella Sua Chiesa fino al compimento dei secoli.

Pertanto, la prospettiva soteriologica della teologia dei Padri per l'interpretazione del mistero della divina economia in Cristo poneva sempre in risalto, con particolare enfasi, la monarchia di Dio Padre non solo quale unico principio senza principio nella Santa Trinità, ma anche quale unica causa di principio eterno della modalità di esistenza delle altre due Persone della Trinità, ossia del Figlio insieme con l'eterno procedere dello Spirito unicamente dal Padre. Tuttavia il movimento a doppio senso della teologia dei Padri dalla semplice teologia delle relazioni intratrinitarie verso la teologia economica del mistero della divina economia, non è sempre stato reso manifesto con la necessaria chiarezza della terminologia teologica, al fine di distinguere le proprietà delle Persone del Figlio e dello Spirito Santo a partire dai distinti ruoli della loro cooperazione nella storia della salvezza, in particolare il procedere dello Spirito Santo. Quindi il legame teologico contemporaneo dei distinti ruoli delle Persone nella storia della salvezza con le distinzioni ipostatiche delle Stesse nelle relazioni intratrinitarie erano utili alla prospettiva teologica della teologia dei Padri, ma introduceva definizioni o espressioni equivoche a riguardo delle proprietà personali del Figlio e dello Spirito Santo.

Tuttavia tali equivocità non nuocevano certamente alla monarchia assoluta di Dio Padre nell'interpretazione delle relazioni ipostatiche delle Tre Persone della Trinità, in quanto Dio Padre è il principio senza principio delle altre due persone, sebbene in modo differente per il Figlio e in modo diverso per lo Spirito Santo. Mosso da tale spirito, S. Gregorio Nazianzeno valorizzò le parole del Signore (Gv 15, 26) al fine di definire l'eterno «procedere» dello Spirito Santo dall'unico Padre quale Sua peculiare proprietà e anzi per categorica distinzione nei confronti della proprietà ipostatica del Figlio: «Spirito santo veramente Spirito, frutto del Padre, non per filiazione né per generazione, ma per processione» (Discorso 39, 12). L'esplicito fondamento biblico di questa distinzione attestava l'autentica interpretazione della fede della Chiesa sia riguardo alla monarchia del Padre quale unica fonte di eterno inizio delle altre due Persone della Trinità sia riguardo alla modalità di esistenza dell'Ipostasi dello Spirito Santo e anche per questo è stato proclamato nel simbolo niceno-costantinopolitano (381 d.C.).

•  Tali distinzioni ipostatiche delle Tre Persone della Trinità che si riferiscono sapientemente al principio senza principio del loro eterno modo di esistere mentre da un lato non danneggiano l' unità della comune essenza e natura divina , dall'altro non risultano di mero rilievo per distinguere i loro ruoli nell'intero contesto della divina economia in vista della salvezza del genere umano in quanto, nella cooperazione tra il Figlio e lo Spirito Santo, risplendono le medesime distinzioni delle Persone della vita intratrinitaria. In questo modo, la missione dello Spirito Santo a motivo della divina economia, è stata preventivata nella teologia quale espressione delle relazioni ipostatiche proprio a motivo dell'essenza divina, ma non ancora quale fonte delle distinzioni delle Persone nella vita intratrinitaria. Ciononostante, tale varietà di interpretazioni e di approcci teologici è stata ritenuta legittima, in quanto non danneggiava l'assoluta monarchia del Padre e non confondeva il principio delle proprietà ipostatiche delle altre due Persone della Trinità. Inoltre tutto ciò fu formulato nel simbolo niceno-costantinopolitano e accettato unanimemente dalla coscienza ecclesiale tanto in oriente, quanto in occidente quale autentica confessione di fede della Chiesa intorno alla Santa Trinità.

È ovvio che il dibattito derivava principalmente dall'aggiunta unilaterale del Filioque al comune simbolo della fede e non certamente dai divergenti approcci teologici e terminologie riguardo all' interpretazione delle relazioni ipostatiche delle Tre Persone della Santa Trinità.

Infatti l'aggiunta da un lato metteva in rilievo un'enunciazione imprecisa del dogma sulla Trinità, a partire già dal II e dal IV Concilio Ecumenico, dall'altro non introduceva innovazione per quanto riguarda la fonte della processione, proprietà della Persona dello Spirito Santo. In tale spirito fu rigettata, quale arbitraria innovazione su una questione fondamentale di fede, tanto da Papa Leone III in Occidente (813 d.C.), quanto dal Patriarca Fozio di Costantinopoli in Oriente (867 d.C.) il quale, nella famosa opera «Sulla mistagogia dello Spirito», sviluppò le ragioni teologiche fondamentali a sostegno della sua disapprovazione, sulla base delle testimonianze scritturistiche e della teologia autorevole dei santi Padri della Chiesa.

S. Fozio rifiutò l'aggiunta del Filioque in quanto attacco alla monarchia assoluta di Dio Padre, unico principio dell'eterna esistenza delle altre due Persone, in quanto arbitraria introduzione di due principi e di due cause nella Trinità e in quanto erronea confusione tra processione eterna «secondo l'esistenza» dello Spirito Santo e processione nel tempo «secondo l'azione» nel mistero della Divina Economia in Cristo. Così osservò che la processione dal Padre è la modalità che è prima dei secoli dell'eterno esistere dello Spirito Santo, mentre la processione dal Figlio ( Filioque ) si riferisce alla divina economia in Cristo e per questa ragione rappresenta un «altro modo» di processione dal Cristo nel tempo, «non secondo Cristo Dio è assunto, ma secondo il nostro conio» (P.G. 102, 388). Se quindi lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio ( Filioque ), allora «si riconoscono due cause nella sovraessenziale e divina Trinità», per questo non solo «la potenza della monarchia (del Padre) che si addice a Dio ed è celebrata da molti inni», ma anche «il vivificante mistero della Trinità è ridotto in diade» (P.G. 102, 292-293). Di conseguenza lo Spirito Santo procede solo dal Padre in quanto tale e non quale Dio, poiché la paternità è la fonte della modalità di esistenza delle altre due Persone e per questa ragione la proprietà di esser causa o principio è idioma esclusivo e non comunicabile del Padre. Se tuttavia questa proprietà fosse comunicata anche al Figlio ( Filioque ), allora il Padre perderebbe il Suo esclusivo idioma ipostatico, mentre le ipostasi del Padre e del Figlio sarebbero permaste in un'unica Persona. Se infine l'attribuzione di questa proprietà anche al Figlio avviene a motivo della comune sostanza e natura, allora anche lo Spirito Santo dovrebbe partecipare della sua Personale processione, quindi «da una parte colui che procede, dall'altra colui che è proceduto; la causa da una parte e l'effetto dall'altra» (P.G. 102, 288).

In tale contesto fu avviato il dibattito e l'argomentazione teologica nonché il tragico scisma in confronto con le Chiese di Oriente e di Occidente, non soltanto rispettivamente a motivo del rifiuto o del sostegno riguardo ai fondamenti teologici del Filioque , ma soprattutto a motivo della disapprovazione della sua aggiunta al comune Simbolo della fede. È molto peculiare il fatto che, sebbene la cattedra papale avesse accolto giusto nel 1014 tale aggiunta, il rappresentante del Papa, il cardinale Umberto, nel testo dell' Anatema che fu posto sopra l'altare di Santa Sofia a Costantinopoli, aveva accusato i greci di interpolazione del Simbolo della fede a causa dell'omissione del Filioque . Ciononostante la teologia romano-cattolica diede vita alla confutazione della polemica ortodossa intorno al Filioque nell'opera di S. Agostino il quale, nel suo De Trinitate , formulò una complessa interpretazione teologica intorno alle relazioni intratrinitarie, ossia sulle ipostasi e sulla sostanza divina , motivo per cui sottolineò che «lo Spirito Santo trae origine dal Padre a titolo di principio ( principaliter ), e, per mezzo del dono atemporale di questi al Figlio, dal Padre e dal Figlio in comunione ( communiter )» ( De Trinitate, XV, 25, 47). Dunque sulla base dell'unica sostanza divina, sosteneva che lo Spirito Santo procede dall'unico Padre «a titolo di principio» ( principaliter ), quale primo e assoluto principio ( principaliter ), ma siccome ciò che è del Padre questi lo ha donato anche al Figlio in modo atemporale, per questa ragione il Padre e il Figlio partecipano a partire dalla comunione ( communiter ) alla processione dello Spirito Santo. Così sosteneva che non è vanificata la monarchia di Dio, in quanto il Padre e il Figlio, uniti dalla medesima natura divina, partecipano dell'unico e solo principio di processione dello Spirito Santo.

Di conseguenza, l'enfasi posta nell'unità della natura divina relativizzò il criterio di distinzione delle Tre Persone della Santa Trinità e lasciava ampi margini alla riflessione teologica, mentre la teologia dei Padri orientali sottolineava con particolare enfasi la distinzione delle Tre Persone, alla maniera in cui è stata trasmessa nelle Sacre Scritture e nei Simboli battesimali e fissato nelle formulazioni dogmatiche dei Concili Ecumenici. In tutto ciò i confronti teologici tra oriente e occidente hanno agevolato alcune importanti convergenze, almeno nella teologia del Filioque , come per esempio l'affermazione ortodossa «per mezzo del Figlio» o la distinzione della processione «secondo esistenza» o «secondo azione», ma sempre basate sul presupposto del riconoscimento della monarchia del Padre quale unico principio o causa dell'eterno modo di esistere delle altre due Persone.

Di contro, la teologia ortodossa era intransigente riguardo a qualsivoglia affermazione volta a giustificare l'aggiunta del Filioque al comune Simbolo della fede e riguardo agli argomenti presentati ( confutazione dell'arianesimo,necessità di chiarimenti sulla traduzione latina del simbolo di fede, sviluppo o ampliamento della teologia della processione dello Spirito Santo ecc... ).

Come si deduce dai dibattiti pertinenti all'argomento in tutte le sedute del primo periodo dei lavori del Concilio dell'unione di Ferrara- Firenze (1438), i rappresentanti della Chiesa Ortodossa avevano avanzato la richiesta dell'estromissione immediata del Filioque dal Simbolo della Fede. In particolare l'avanzarono indipendentemente e a partire da questa, procedere altresì a un eventuale accordo sulla teologia della giustificazione. Anche per questo fu rifiutata la proposta latina di anticipare il dibattito teologico contro l'introduzione del Filioque fino al trasferimento del Concilio a Firenze. Di conseguenza l'aggiunta del Filioque al comune Simbolo di fede fu riabilitato secondo la percezione ortodossa in linea con l'integrità della fede trasmessa e lasciò più ampi margini per una interpretazione convergente delle due particolari tradizioni teologiche. Tale interpretazione avrebbe permesso inoltre il ripristino della comunione delle Chiese, nel caso in cui fosse preservata la monarchia assoluta di Dio Padre quale principio o causa della modalità di esistenza delle altre due Persone della Santa Trinità.

•  Risulta pertanto comprensibile che il testo della «Chiarificazione» intitolato «Le tradizioni latina e greca riguardo la processione dello Spirito Santo», costituisce un contributo molto importante in vista di un nuovo approccio teologico al controverso dibattito sull'introduzione del Filioque che si dimostrerà molto utile anche al dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica. Si tratta di un contributo molto importante e, quantunque abbia come oggetto le delicate questioni sulle controversie più recenti, ricerca e mette in rilievo la comune ragione della fede nel contesto della non sempre chiara terminologia delle due tradizioni teologiche. Risulta tuttavia molto utile in quanto colloca le convergenti prospettive ermeneutiche delle rispettive testimonianze patristiche sotto il criterio assoluto della formulazione dogmatica del Simbolo riguardo allo Spirito Santo che procede solo dal Padre quale unico principio senza principio delle altre due Persone della Santa Trinità.

In questo spirito si inserisce il testo ricco di contenuto con una chiara e impressionante dichiarazione, tanto riguardo alla fede della Chiesa Cattolica in merito al particolare argomento, tanto riguardo alle più specifiche questioni teologiche in merito alla chiarezza delle definizioni e delle comprensioni delle stesse: « La Chiesa Cattolica riconosce il valore conciliare ed ecumenico, normativo e irrevocabile, quale espressione dell'unica fede comune della Chiesa e di tutti i cristiani, del simbolo professato in greco dal II concilio ecumenico a Costantinopoli nel 381. Nessuna professione di fede propria a una tradizione liturgica particolare può contravvenire a tale espressione di fede insegnata e professata dalla Chiesa indivisa. Tale simbolo confessa sulla base di Gv 15,26 lo Spirito "tò ek tou Patròs ekporeuomenon" ("che trae la sua origine dal Padre"). Soltanto il Padre è il principio senza principio (arxh anarxos) delle due altre persone trinitarie, l'unica fonte (phgh) e del Figlio e dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo trae dunque la sua origine soltanto dal Padre (ek monou tou Patros) in modo principiale, proprio e immediato. I Padri greci e tutto l'oriente cristiano parlano a tal riguardo della "monarchia del Padre" e anche la tradizione occidentale confessa, sulla scia di sant'Agostino, che lo Spirito Santo trae la sua origine dal Padre "principaliter", cioè a titolo di principio ( De Trinitate  XV, 25, 47, PL 42, 1094-1095). In questo senso dunque le due tradizioni riconoscono che la "monarchia del Padre" implica che il Padre sia l'unica causa trinitaria (aitia) o principio (principium) del Figlio e dello Spirito Santo ».

Di conseguenza il testo della «Chiarificazione» dichiara apertamente che la Chiesa Cattolica:

•  Riconosce quale solo, autentico, vincolante e solido fondamento della retta fede in merito alla Santa Trinità il simbolo della fede niceno-costaninopolitano (381 d.C.) e rifiuta qualsiasi altra professione di fede che « contravviene a tale espressione di fede insegnata e professata dalla Chiesa indivisa »;

•  Accetta, sulla base del fondamento biblico (Gv 15, 26) del simbolo niceno-costantinopolitano, che « Soltanto il Padre è il principio senza principio (arxh anarxos) delle due altre persone trinitarie, l'unica fonte (phgh) e del Figlio e dello Spirito Santo» e rifiuta ogni interpretazione teologica o asserzione intorno a «due principi» o cause nella Santa Trinità;

•  Sottolinea l'assoluta «monarchia del Padre» nella Santa Trinità secondo la quale « il Padre è l'unica causa trinitaria (aitia) o principio (principium) del Figlio e dello Spirito Santo » e

•  Offre una interpretazione teologica convergente alle formulazioni sia delle chiare sia delle equivoche testimonianze della tradizione di oriente e di occidente.

Queste affermazioni di carattere teologico contenute nella «Chiarificazione» offrono altresì la base che, come sottolinea il testo, «deve servire alla continuazione del dialogo teologico in corso tra cattolici e ortodossi». Su questa scia P. B. Bobrinskoy, malgrado alcune sue esitazioni in merito, osservò che le posizioni del testo della «Chiarificazione», a motivo dell'enfasi posta nei confronti dell' assoluta «monarchia del Padre» e per via del rigetto di ogni affermazione in merito a due principi o cause nella Trinità, sono assolutamente concordi rispetto alle posizioni di S. Fozio contenute nella sua opera «Sulla mistagogia dello Spirito Santo» che ha influenzato tutto il successivo approccio ortodosso sulla questione del Filioque e per questo ha sottolineato che «leggendo queste righe (del Testo), ci si potrebbe sorprendere sul perché rimanga ancora aperta la questione del disaccordo dogmatico tra le nostre chiese» (DC, 2130, 21 Gen. 1996, p. 89). Anche O. Clement accolse con entusiasmo questo testo che, come sottolineò, «si presenta straordinariamente fondato e potrebbe porre fine alla polemica sul Filioque » (Contacts, 48, 1996, p.3).

Certamente esistono anche determinate riserve teologiche nei confronti dell'interpretazione proposta o nella valutazione dell'impiego delle testimonianze patristiche d'oriente e d'occidente e specialmente nei confronti dell'aggiunta del Filioque nella traduzione latina del simbolo niceno-costantinopolitano. In tutto ciò occorre precisare che anche le critiche del testo confessano che «Sarebbe ingiusto pensare che la “Chiarificazione” del Vaticano non offra qualcosa di nuovo. Indubbiamente nessuno trova in essa in primo luogo una nuova proposta comune… La “Chiarificazione” pone in atto un indiscutibile tentativo da parte della Chiesa Cattolica di mettere in rilievo il riconoscimento di ciò che la Chiesa Ortodossa pensa quale immutato principio della sua fede, ossia il fatto che il Padre è l'unica causa dello Spirito Santo nella Santa Trinità» (J.-C. Larchet, La question du “Filioque” , Theologia 70, 1999, pp. 764- 765).

È quindi evidente che il testo della «Chiarificazione» apre concretamente una nuova strada e una nuova prospettiva per l'incontro delle due tradizioni teologiche nella comune fede della Chiesa riguardo alla Santa Trinità, come questa è stata formulata nel comune simbolo niceno-costantinopolitano (381 d.C.) e anche per questo può esser più pienamente sfruttato nel dialogo ufficiale tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica.

* Commento teologico in vista del dialogo Cattolico- Ortodosso, in occasione dell'omelia di Papa Giovanni Paolo II «La processione dello Spirito Santo nella tradizione Latina e Greca» (21.06.1995).

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